FREDDIE MERCURY – THE SHOW MUST GO ON
A cura di Ilaria Solazzo.
Creare nella musica un mondo che tutti possano chiamare il proprio è quello che fanno solo i grandi: renderlo immortale è quello che fanno esclusivamente le leggende. Freddie Mercury era ed è, per il mondo, una leggenda. Ha passato una vita intera all’insegna del cambiamento, della continua ricerca del nuovo, dell’inaspettato, del sorprendente. Farrokh Bulsara, in arte Freddie Mercury dall’incontro nel 1970 con un paio di musicisti a caccia di gloria, (il chitarrista Brian May e il batterista Roger Taylor), ha dato vita ad un gruppo “I Queen” destinato a scalare le classifiche e rivoluzionare il modo di fare musica. Mercury, dotato di una presenza scenica unica, a livello planetario, e di una voce altrettanto singolare, in grado di realizzare un’estensione inusuale, ha dominato i palcoscenici prima del Regno Unito e poco dopo internazionali, fino a diventare il Re indiscusso a livello mondiale del suo genere. La sua vita è stata spezzata, purtroppo, prematuramente dall’Aids, nel novembre del 1991, ma la sua musica non è mai scomparsa dal cuore dei suoi fans… tanto che, ancora oggi, la sua figura è riconosciuta come una delle più influenti dell’intero panorama musicale.
Dove poter acquistare il libro online
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“Se dovessi morire domani, non mi preoccuperei. Dalla vita ho avuto tutto. Rifarei tutto quello che ho fatto? Certo, perché no? Magari un po’ diversamente! Io cerco solo di essere genuino e sincero e spero che questo traspaia dalle mie canzoni”. cit. FREDDIE MERCURY.
“Se devi fare una cosa, falla con stile”. cit. Freddie Mercury.
Info su Paolo Borgognone
Paolo Borgognone è nato a Roma nel 1962. Dopo il liceo classico frequenta la Facoltà di lingue e letterature straniere alla Sapienza di Roma. Giornalista pubblicista dal 1993, ha accompagnato alla carriera di traduttore e addetto stampa per un Ente pubblico, la passione per la musica. Nata nel 1976 ascoltando – in primis – i Queen. Separato e con una figlia vive e lavora a Roma.
Dettagli circa il libro
Autore: PAOLO BORGOGNONE.
Titolo: FREDDIE MERCURY.
Sottotitolo: “The show must go on”.
Collana: RITMI.
Argomento: MUSICA E SPETTACOLO.
Casa editrice: diarkos.
Copertina: a colori.
Uscita in libreria: 23/07/2020.
Pagine: 320.
Prezzo: euro 18.
Formato: 14.00×21.00 cm.
Tipo: legatura, brossura con alette.
EAN: 9788836160112.
Sito ufficiale della casa editrice
https://diarkos.it/index.php?r=site%2Findex
Qualche info su Freddie Mercury
https://it.wikipedia.org/wiki/Freddie_Mercury
Sito web su Freddie Mercury
http://www.freddiemercury.com/en/news
Contatto Facebook dell’autore
(2) Paolo Wiglaf Borgognone | Facebook
INTERVISTA
ILARIA – Ciao Paolo e grazie per aver accettato il mio invito. Un onore ospitarti, quest’oggi, su PIANETA INFORMAZIONE. Finalmente possiamo chiacchierare insieme di uno dei talenti musicali più straordinari che il mondo abbia mai conosciuto, un frontman esagerato in grado di segnare generazioni su generazioni, un certo Freddie Mercury. Nel corso dei decenni tanti in tutto il mondo hanno cercato di raccontare la storia incredibile di questo clamoroso artista, attraverso libri… tu, a mio modesto parere, sei stato capace di riassumere in modo esaustivo il percorso umano e professionale di questo fenomeno culturale. Vorrei iniziare questo piccolo viaggio con te, esaminando uno degli aspetti più affascinanti del leader carismatico dei Queen. Sappiamo tutti che la voce di Freddie è un caposaldo assoluto del rock, ma sappiamo anche che le sue virtù artistiche andavano ben oltre la sua stessa voce. Pianoforte, tastiere, chitarra… oltre a una vocalità eccelsa, Freddie possedeva tutte le doti del perfetto musicista. In che modo, a tuo parere, l’estro di Frederick ha influenzato le correnti musicali del gruppo britannico?
PAOLO – Intanto grazie a te, gentilissima Ilaria, per il gradito invito e grazie per la tua disponibilità ed attenzione nei confronti del mio libro. Quanto alla domanda, è evidente che un personaggio così a tutto tondo, (performer, cantante, musicista, artista), abbia avuto grande impatto sulle vicende del suo gruppo e non soltanto su quello. L’intero processo musicale dei Queen, dagli esordi alla svolta, ha seguito l’evolversi dei gusti musicali o se vogliamo delle influenze del frontman. Senza che questo sminuisca per nulla le capacità degli altri membri del gruppo, un incontro tra personalità a volte in contrasto, come è normale che sia in qualsiasi settore. Certo, capacità musicali degli altri a parte, i Queen senza Freddie sarebbero stata un’altra cosa e lo dico senza che questo rappresenti una critica per Brian e Roger e la loro idea di continuare l’attività come Queen anche dopo la scomparsa di Mercury.
ILARIA – Freddie Mercury viveva una esistenza piena zeppa di esorbitanze e bizzarrie. Aveva tante amicizie importanti da Paul McCartney a David Bowie, passando per Elton John. Vi è un personaggio che, secondo te, ha avuto un influsso determinante sulla vita sociale ed artistica del genio di Zanzibar?
PAOLO – Domanda molto interessante la tua. Nello scrivere questa storia ho avuto modo di vedere gli intrecci fra i Queen, (anche all’inizio della loro avventura), ed altre band leggendarie, come i Genesis e i Pink Floyd. Senza dimenticare i molti artisti americani che erano andati proprio nel Regno Unito a rafforzare le proprie radici musicali. Pensiamo a James Taylor, ma prima ancora a Simon & Garfunkel. Forse, al di là delle amicizie personali, uno dei personaggi che più hanno influito sulla formazione di Mr Mercury è stato Jimi Hendrix. Guarda caso, anche lui un americano che ha conosciuto il successo prima a Londra. Raccontano gli amici dell’epoca di Freddie, come lui ammirasse il chitarrista di Seattle e lo imitasse negli atteggiamenti, oltre che nel look. In un’epoca così frizzante di nuove idee, di strade ignote da percorrere, le influenze sono state certamente tantissime ed ognuna ha rivestito la propria importanza. Un performer fuori dagli schemi come Hendrix ha lasciato una grande impronta sul “giovanissimo” Mercury.
ILARIA – La voce di Mercury è stata definita un portento anche nell’ambito scientifico… oggetto tuttora di relazioni e congressi da parte degli studiosi di tutto il mondo. La “subarmonica” armonizzata con l’aiuto della gola era il punto di non ritorno di una vocalità speciale, unica ed inimitabile. In relazione a questo, quale pensi sia il disco più rilevante di Freddie da un punto di vista strettamente canoro?
PAOLO – Quello che mi sento di poterti dire, cara Ilaria, è che ascoltando i dischi dei Queen appare chiaro, anche ai non esperti, come una delle caratteristiche chiave del personaggio Mercury fosse la versatilità canora. Uno qualunque dei loro Lp ci permette di ascoltare performances diverse, canzoni cantate su toni e registri differenti. Questa è una delle caratteristiche, (accompagnata ovviamente dalla qualità live), che hanno fatto grande il cantante ed il suo gruppo.
ILARIA – Freddie Mercury è stato anche un compositore eccelso, oltre ad essere stato un cantante ed un musicista di livello straordinario. Secondo alcuni, “Bohemian Rhapsody” rappresenta il suo punto di arrivo stilistico e compositivo. Tu sei d’accordo?
PAOLO – Lo stesso Freddie amava raccontare come “Bohemian Rhapsody” fosse il risultato del mix di tre canzoni differenti che stava provando a scrivere da tempo e che alla fine decise di mettere insieme, dando vita ad una bomba musicale esplosiva. Un processo lungo, che ha richiesto anni per prendere una forma definitiva, quella del capolavoro che a circa 45 anni dalla sua uscita non ci stanchiamo mai di ascoltare. Una genesi molto “sofferta” che però, alla fine, ha creato qualcosa di mai sentito prima. Sappiamo che la canzone venne considerata, al momento della sua presentazione troppo arzigogolata… eppure è un capolavoro che, come a volte accade nella musica, crea un passaggio netto tra il “prima” e il “dopo”. Il rock non è mai più stato uguale dopo l’uscita di questo brano. Succede solo ai grandissimi.
ILARIA – I concerti dei Queen sono tuttora considerati da un punto di vista spettacolare e scenico qualcosa di magico. Freddie ha sempre fatto della teatralità uno dei suoi cavalli di battaglia, portando alla ribalta del grande pubblico esibizioni indimenticabili. Quale sua performance ti porti nel cuore?
PAOLO – I tecnici di studio che hanno lavorato con i Queen all’inizio della sua carriera, hanno raccontato, come Freddie si comportasse anche in sala di registrazione, come se fosse su un palco. Esibirsi era evidentemente per lui una necessità espressiva almeno pari a quella che lo spingeva a cantare. Il pubblico che ha avuto la fortuna di assistere a queste sue performances sicuramente “percepiva” la tempesta emotiva che lo stegava. Immagino che questo discorso, abbia assunto sempre maggiore importanza , man mano che la platea si allargava. Penso ai grandi concerti di Wembley, “casa Mercury” come mi piace sottolineare, ma anche alle sensazioni che deve aver provato nell’esibirsi a Rio davanti a centinaia di migliaia di persone o al Nep Stadion di Budapest, oltre la “cortina di ferro” come l’aveva ribattezzata Sir Winston Churchill, a fare da apripista alla conquista di un nuovo pubblico da parte del rock and roll.
ILARIA – “Barcelona” è il capolavoro da solista di Freddie Mercury, un disco sensazionale, intriso di poetica, un disco segnato dalla sofferenza e dalla consapevolezza della malattia. Vi è una cosa che vorresti dirci su questo progetto, autentico pilastro della vita di Freddie?
PAOLO – Per “Barcelona” vale, (almeno in parte), lo stesso discorso che si accennava a proposito di “Bohemian Rhapsody”. Si tratta di qualcosa di mai visto prima. Un’invenzione geniale. Un rocker particolarmente trasgressivo nel look, nei testi, negli atteggiamenti alle prese con il mondo più “conservatore”, musicalmente parlando. Eppure Freddie ebbe il coraggio di sfidare tutti ed il risultato è stato semplicemente eccezionale. Anche grazie, logicamente, al contributo dei grandi collaboratori che parteciparono al progetto, da Mike Moran a Tim Rice ed alla capacità (tipica dei grandi) di mettersi in gioco della stessa Montserrat Caballè: una “diva”, nel senso operistico del termine e che, se vogliamo, aveva tutto da perdere a buttarsi in un esperimento così azzardato. Il risultato di tutto quel coraggio e del talento di ognuno dei protagonisti ha creato un capolavoro che non smette mai di stupire.
ILARIA – Freddie Mercury e Brian May. Per alcuni si è trattata di amicizia vera, per altri di pura rivalità. Gli assoli di Brian, le sessioni al pianoforte di Freddie… tu come definiresti questi due personaggi?
PAOLO – Due grandi geni, ognuno con le proprie caratteristiche, ovviamente. Ciascuno con le proprie debolezze e fissazioni, ma, comunque, due Artisti straordinari. Nel corso di quegli anni, così intensi e pieni di adrenalina, è normale che vi siano stati anche momenti di forte tensione tra loro, ma l’affinità artistica che li legava era evidente… basterebbe ascoltare le parole dette tante volte da Brian dopo la scomparsa di Freddie per rendersi conto della grande ammirazione e della vera amicizia al di là degli “scazzi” inevitabili. Dalla loro collaborazione ed anche dalle differenze che li rendevano così unici sono nati tanti capolavori immortali.
ILARIA – La vita del frontman dei Queen è stata breve e spietata, sicuramente senza appello. Le sofferenze e le gallerie di un’esistenza riassunte in un grandissimo testo. “Was it all worth it” è il testamento di Freddie Mercury. Vi è un particolare aneddoto che vuoi raccontarci su questo meraviglioso brano?
PAOLO – Sì. Va bene. “Was it all Worth It?” è una domanda che – prima o poi – ci poniamo tutti nella vita. Davanti ad una delusione, alla fine di un amore o anche se abbiamo avuto successo. Ne è valsa la pena? Ciascuno di noi conosce la risposta. Nel caso di Freddie è chiaro che si parla di un momento terribile: la registrazione di “The Miracle” fu resa difficile dalla malattia che avanzava (e di cui ancora non aveva mai parlato apertamente) e sicuramente le sofferenze a cui era sottoposto il cantante facevano risuonare nella sua testa quelle parole. Ma, ce lo dice lui stesso, valeva la pena di fare tutto quel Hurly Burly, quel “gran casino con la musica”. Una citazione da Shakespeare (dal “Macbeth” precisamente): alla faccia di chi dice che sono state solo delle canzonette.
ILARIA – Sono svariati i dischi memorabili dell’artista. Alcuni di inestimabile valore, altri di assoluto clamore commerciale. Qual è stato il tuo brano preferito? E quale quello che a tuo parere impersona maggiormente il grandissimo carisma del nostro Freddie?
PAOLO – “Bohemian Rhapsody”. Quella canzone è talmente grande da andare oltre valutazioni di gusto personale. Forse, più che a un brano farei riferimento ad un intero Lp. Personalmente quello che ho sempre preferito dei Queen è stato ed è “Jazz”. Un disco eclettico, dove ogni canzone – a partire da “Mustafa” che apre il disco e che sarà una delle poche a contenere parole straniere, con la stessa “Bohemian Rhapsody” e con “Teo Torriatte – Let Us Cling Together” – ci trasporta tutti in un mondo differente, unico ed inaspettato.
“Freddie Mercury” edito dalla Diarkos è un libro che ho divorato in poche ore per la sua semplicità e scorrevolezza. Un susseguirsi di scene scandite da date come fosse un diario, lo hanno reso molto accattivante. La dimensione temporale e spaziale voluta dallo scrittore ha giocato un effetto perturbante, dall’inizio alla fine del libro.
Un susseguirsi di emozioni forti, di situazioni sorprendenti ben delineate dall’autore, il quale è stato sempre molto attento nel catturare costantemente l’attenzione del lettore, con scene giocate nel reale e nell’immaginario.
Complimenti sinceri a Paolo Borgognone per aver realizzato il suo sogno e per averci regalato “emozioni fuori dell’ombra” seguendo il filo rosso del desiderio.
“Una gratificazione che mi riempie il cuore di gioia, mi ripaga di tanti sacrifici e mi libera dai mille dubbi che, talvolta, mi assillano la mente. Una cosa è certa: d’ora in poi, prenderò senza pormi domande tutto ciò che di bello la vita vorrà donarmi. Perché alla fine, sì, un pochino credo proprio di essermelo meritato”. cit. Paolo Borgognone.
2022 © RIPRODUZIONE RISERVATA
Questa intervista è stata rilasciata telefonicamente dallo scrittore Paolo Borgognone alla giornalista pubblicista Ilaria Solazzo. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633).