A cura di Ilaria Solazzo
Breve descrizione del libro
Maglie di lana senza sponsor, le maniche lunghe dei portieri, le tute a pigiama delle riserve. E poi: le scarpette tutte nere, i tacchetti intercambiabili, i calzettoni senza piede. E ancora: il terzino, l’ala destra e il mediano di spinta. Ma anche il pallone a pentagoni neri e la panchina a bordo campo; la Nazionale di Lega e la “De Martino”; Domenica Sprint e Mercoledì Sport. Sono alcune delle cose perdute del pallone: oggetti smarriti, ma che ricompaiono, basta saper aprire il cassetto dei ricordi. Ed ogni “cosa perduta” diventa il pretesto per raccontare, con stile leggero e ironico, un particolare, un personaggio, una storia che, in qualche modo, ha fatto parte della nostra vita di amanti del calcio.
“Le cose perdute del calcio” di Nicola Calzaretta. Con la prefazione di Cristiano Militello. Illustrazioni di Michele Targonato. Maglie senza sponsor, le maniche lunghe dei portieri, il precampionato. E poi: le scarpette tutte nere, i calzettoni senza piede e il mercato di riparazione. E ancora: il terzino, il mediano di spinta e le marcature a uomo. Ma anche la Coppa delle Coppe e la panchina a bordo campo; le Nazionali dell’Est e il gol doppio in trasferta; la radiolina, le trasmissioni tv. C’è posto anche per la monetina e la ripetizione della finale, con un magico ed emozionante aggancio al trionfo europeo della Nazionale di Roberto Mancini. E, per finire: il pallone bianco e nero. Sono alcune delle cose perdute del calcio: oggetti smarriti, ma che ricompaiono, basta saper aprire il cassetto dei ricordi. Ed ogni “cosa perduta” diventa il pretesto per raccontare, con stile leggero e ironico, un particolare, un personaggio, una storia che, in qualche modo, ha fatto parte della nostra vita di amanti del pallone. Un viaggio nel tempo, un gioco della memoria. Per vedere l’effetto che fa.
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Dettagli sul libro
Titolo del libro: “Le cose perdute del calcio”.
Editore: NFC edizioni.
Autore: Nicola Calzaretta.
Formato: 14,8×21 cm.
Pagine: 216 a colori.
Lingua: italiano.
ISBN: 9788867262809.
Prezzo: 16.90 euro.
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INTERVISTA
Se ami il calcio di Rivera e Mazzola, ma anche quello più recente, questo è un libro che non può mancare nella tua biblioteca. Zeppo di aneddoti, alcuni molto simpatici, ti riporta indietro ad un calcio che non è quello attuale. Io l’ho trovato gustosissimo. Un bellissimo viaggio a ritroso nelle emozioni dell’infanzia (e non solo). Dettagliatissimo e completo in tutti i suoi elementi, fa rivivere il fascino perduto di un calcio poetico e romantico, fatto di interpreti genuini e spinti dalla pura passione sportiva, senza tralasciare cenni sull’aspetto tecnico, sulle tendenze “semplici” dell’epoca e sull’utilizzo degli “strumenti di lavoro”, magari più scarni di quelli odierni, ma pur sempre essenziali. Sicuramente un libro da non perdere e conservare gelosamente come memoria di un calcio che le generazioni passate hanno avuto la fortuna di respirare e vivere!
ILARIA – Ciao Nicola, bentrovato su PIANETA INFORMAZIONE, e congratulazioni per questo tuo straordinario successone. Ci sono scrittori disciplinati, metodici, che seguono scalette e revisionano mille volte i loro scritti; e ci sono invece autori che istintivamente buttano giù frasi su frasi fino a comporre un romanzo. Tu che tipo di autore sei?
NICOLA – Grazie a te dell’ospitalità. Già essere definito scrittore mi dà i brividi, tanto è complessa e autorevole la definizione. Quindi, grazie anche per questo. Diciamo che io preferisco crearmi una scaletta che utilizzo come bussola, poi spazio all’estro con ciò che viene fuori. Dedico molto tempo alle limature, correzioni e agli aggiustamenti. Alla base comunque, affrontando temi storici, c’è ovviamente una preparazione accurata, con verifica delle fonti e incrocio di dati. Rileggo il tutto, questo sì. Il guaio che la svista è sempre dietro l’angolo. Il refuso, come il coriandolo dopo la festa di carnevale, vive di vita propria.
ILARIA – Quanto ritroviamo di te nel protagonista del tuo libro?
NICOLA – Il protagonista delle storie del mio libro è il calcio del passato, con i suoi oggetti, riti, atmosfere che oggi non ci sono più. Le cose perdute, per l’appunto, che suscitano ricordi, emozioni, passioni. Quelle di chi l’ha vissuto, come me, sia da piccolo calciatore e poi da tifoso appassionato, quindi da cultore della materia. Un modo di raccontare il calcio osservandolo dallo specchietto retrovisore, mentre si è alla guida dell’auto della propria vita, e quindi guardando la strada che si ha davanti. Nei racconti ci sono anch’io con le sembianze del bambino che è in copertina con il pallone bianco e nero in mano che sogna in uno stadio vuoto, ma ricco di fascino e magia.
ILARIA – Spiegaci in quale momento e per quali ragioni ti sei avventurato nella realizzazione di questo libro?
NICOLA – Ho sempre avuto un occhio particolare per il ricordo e le retrospettive. Da oltre venti anni collaboro con il Guerin Sportivo, con articoli di taglio storico, la mia passione. Per anni, grazie all’allora direttore Matteo Marani, ho intervistato ex calciatori, grandi protagonisti del calcio degli anni ’70 e ’80. La rubrica si chiamava “Amarcord”. Il racconto, le storie, le sotto-storie, spesso quelle laterali, le confidenze, i sentimenti, i ricordi, le emozioni. Insomma, tutto ciò mi ha sempre intrigato. Il maestro Roberto Beccantini mi ha definito un “archeologo moderno a cui piace recuperare stele e stili di un tempo”: un’immagine di me che mi piace molto. L’idea del libro la covavo da tempo. La scorsa primavera, complice anche il secondo lock-down e il coprifuoco, ha avuto la sua realizzazione.
ILARIA – Quanto tempo hai impiegato per scriverlo?
NICOLA – Dico il tempo necessario, nel senso che non c’erano scadenze contrattuali cogenti e c’era per me la necessità di fare sintesi, a livello concettuale, di una mole di dati, numeri, suggestioni. La stessa scelta delle 20 “cose perdute” da raccontare ha richiesto del tempo, quello che serviva per la sottrazione, specie quando, in corso d’opera si sono verificati eventi epocali. Bello, per esempio, aver inserito l’abolizione del “gol doppio” in trasferta. Bellissimo, aver potuto raccontare del trionfo europeo della Nazionale di Mancini.
ILARIA – Qual è il tuo luogo ideale dove preferisci scrivere?
NICOLA – Il mio studio di casa. Una stanza piena di album di figurine, raccolte rilegate del Guerin Sportivo, gli almanacchi della Panini e decine e decine di libri a tema e riviste del passato.
ILARIA – Qual è il libro scritto da te a cui ti sente più legato e perché?
NICOLA – Domanda difficile perché, avendo superato abbondantemente la decina di titoli pubblicati, la scelta non è semplice. Ti rispondo così: mi sento più legato al libro di cui stiamo parlando perché dentro, in qualche modo, c’è un pezzetto di tutti gli altri.
ILARIA – Che ne pensi di tutti gli aspiranti scrittori che dicono di leggere poco “per non farsi influenzare”? E di quelli che pagano per vedere i propri libri pubblicati da una casa editrice, invece? C’è un consiglio che vorresti dare ad ognuno di loro?
NICOLA – Non mi sento di giudicare. Posso solo dire questo, che fa parte del mio vissuto e della mia storia. Tra i sogni coltivati da ragazzo, c’era quello di poter, un giorno, scrivere un libro. Ma a patto che ci sarebbe stato un editore pronto a pubblicarlo. Altrimenti, non ne avrei fatto di nulla. Mi permetto di aggiungere solo una cosa: la lettura è fondamentale, come lo studio della materia e la ricerca.
ILARIA – Cosa speri che professionalmente avvenga durante questo 2022?
NICOLA – Spero di poter promuovere il libro con eventi in presenza, finalmente covid-free.
ILARIA – Se tu potessi fare un regalo all’umanità per cosa opteresti?
NICOLA – Il primo regalo è nel punto precedente. L’altro regalo è lo sguardo laterale che consente di vedere oltre, anche le piccole cose. Un ultimo cadeau, lasciarsi trasportare dalle emozioni e donare sorrisi.
ILARIA – Cosa bolle in pentola?
NICOLA – Posso dire che ci sono altri progetti. Ma adesso voglio dedicarmi alla promozione de “Le cose perdute del calcio”. Tengo moltissimo a questo libro. Vorrei che fosse letto da molti, non solo gli attempati come me, ma anche dai più giovani. Voglio davvero che siano tanti a viaggiare nel tempo, a partecipare a questo gioco della memoria, perché mi incuriosisce davvero vedere l’effetto che fa!
ILARIA – Grazie Nicola per essere stato con noi e tanti auguri per tutto…
NICOLA – Ricambio i ringraziamenti e gli auguri. Di cuore.
ILARIA – Manda un saluto ai lettori…
NICOLA – Vi saluto tutti con affetto e spero il mio libro possa essere di vostro gradimento.
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RECENSIONE
Il libro “Le cose perdute del calcio” di Nicola Calzaretta ci invita in un viaggio nel tempo nel mondo del calcio. Nell’accompagnarci sul vagone dei ricordi di questo treno emozionale, l’autore si avvale anche dei bellissimi disegni di Michele Targonato. Nicola mette in condizione il lettore di rivivere ed apprezzare nuovamente momenti e situazioni degli anni nostalgici dell’Italia serena ed appassionata… come l’abbigliamento dei giocatori ( degna di nota la menzioni di Alan Ball e Marco Simone quali i primi a sfoggiare scarpini non neri), o le sessioni di mercato e di precampionato, oppure l’evoluzione del panchinaro. Ma c’è tanto altro, basti ricordare il “rito” della sigaretta a bordo campo, passando per i vecchi ruoli assegnati ai giocatori, connessi alla scomparsa della marcatura a uomo. Impossibile non commuoversi quando Calzaretta rammenta le tante trasmissioni italiane dedicate al calcio Degli anni passati (il grande 90 minuto, ma anche il bellissimo Eurogol), accomunate dagli sforzi degli appassionati per poterli vedere, essendo bisognosi di immagini e notizie calcistiche come non mai. Le domeniche a casa di mio nonno che orientava la sua radiolina per individuare la stazione di “Tutto il calcio minuto per minuto” o di mio zio che attendeva impazientemente sul suo salotto rosso l’inizio delle trasmissioni calcistiche. Lo scrittore ammalia il lettore portandolo a ricordare il calcio semplice ed affascinante di una volta. Nicola fa paragoni tra quello che è stato e quello che ora è il mondo calcistico, spingendo l’attenzione su un pensiero condiviso da molti. Attaualmente, dopo tutti gli scandali legati al mondo del pallone, ci si rende conto che un tempo il football era fatto di particolari a prima vista scontati e banali, ma assolutamente affascinanti, quasi imprescindibili per chi li ha vissuti in prima persona. Il libro è bellissimo. Abbinando passione, competenza ed un pizzico di sana ironia Calzaretta invia sottili “frecciatine” a coloro che hanno, purtroppo, completamente stravolto il pianeta calcio. Amarcord, ricordi, emozioni e tanta felicità. Sono stati questi gli “ingredienti” che hanno contraddistinto, pagina dopo pagina, questo libro. “Lasciare un buon ricordo di sé è come vivere una vita sottratta al dominio del tempo”. Questa bellissima frase sul ricordo calza a pennello anche nel mondo del calcio, a mio avviso. Tantissimi calciatori, molto spesso, vengono ricordati positivamente nelle diverse piazze in cui hanno militato nella loro carriera. Questo sport è capace di emozionare sempre, anche rivivendo emozioni vecchie di 40 o 20 anni. Il calcio è magico, e in un momento storico e difficile come questo, vivere queste emozioni è sempre una gioia.
“Per uno come me che ama il pallone e che non è mai stato tradito dal calcio, sarebbe la cosa più bella morire in panchina, durante una partita”. [Giovanni Trapattoni]
“Io senza calcio non sto bene. Fosse per me arriverei a morire in tuta, a novant’anni, all’aria aperta, a insegnare pallone a qualche ragazzo che avesse ancora voglia di starmi a sentire”. [Zdnek Zeman]
2022© RIPRODUZIONE RISERVATA
Questa intervista è stata rilasciata telefonicamente, esclusivamente ad Ilaria Solazzo. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633).